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venerdì 28 aprile 2017

Agevolazione prima casa

Entro i 18 mesi si può ancora scegliere tra lavoro e residenza 
Roma 27 aprile 2017 - L’agevolazione prima casa resta valida anche quando l’acquirente non rispetta il requisito dichiarato di svolgere l’attività lavorativa nel comune di ubicazione dell’immobile, ma ha ancora tempo per trasferire la residenza nello stesso comune, a patto che si impegni per iscritto a farlo entro 18 mesi dall’acquisto.

Il quesito oggetto dell’interpello - In particolare, la risoluzione risponde a un caso specifico in cui il compratore aveva goduto dell’imposta di registro ridotta, dichiarando nell’atto di acquisto di svolgere la sua attività prevalente nel comune in cui si trovava l’immobile. Tuttavia, per sopraggiunte cause lavorative, tale condizione non si era poi avverata. L’Agenzia chiarisce che l’acquirente può ugualmente mantenere l’agevolazione prima casa se dichiara di impegnarsi a trasferire, entro 18 mesi dall’acquisto, la residenza nello stesso comune dell’immobile. Ciò naturalmente a condizione che i 18 mesi non siano ancora trascorsi. 

Per conservare il beneficio prima casa basta tornare dal notaio - La dichiarazione di impegno deve essere resa con le stesse formalità giuridiche dell’atto originario e va registrata allo stesso ufficio in cui quest’ultimo è stato registrato. La rettifica del requisito prima casa può sopraggiungere anche quando la registrazione dell’atto di acquisto è già avvenuta, sempre che l’Agenzia delle Entrate non abbia già disconosciuto il beneficio con un avviso di liquidazione per mancanza del presupposto dello svolgimento dell’attività lavorativa nel comune in cui è sito l’immobile acquistato.     


mercoledì 26 aprile 2017

Cuneo Fiscale: lo stato dell’arte

Per cuneo fiscale si intende il rapporto che vige tra il costo del lavoro e le imposte e tasse applicate allo stesso.
Nel recente Rapporto 2017 sul Coordinamento della Finanza Pubblica redatto dalla Corte dei Conti, si legge che il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell’industria, colloca al livello più alto la differenza esistente nel nostro Paese fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49 per cento prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l’onere che si registra mediamente nel resto d’Europa.
ancl